Ecco il vero problema. Non voglio tirare in ballo i fioretti con i quali venivamo educati noi bambini degli anni Sessanta, e ancora di più quelli delle generazioni precedenti. Non erano sbagliati né dal punto di vista ideologico (ovvero spirituale), né dal punto di vista formativo. Però sono caduti in un disuso probabilmente irreversibile, a seguito di una laicissima ondata di ridicolo.
Resta il fatto che venire abituati fin dalla più tenera età a vedere soddisfatti tutti le voglie e tutti gli impulsi – ancorché fugaci o infinitesimi – non forgia certo la tempra dell’individuo adulto. Ancora una volta, avere troppe soluzioni è un gran problema.
Fare la doccia calda o caldissima può essere un piacere; ma farla fredda – se non ci sono patologie che la ostacolano – è estremamente più stimolante e benefica. Provare per credere, se già non l’avete fatto.
Eppure, pur sapendolo, quanti di noi davvero decidono di assumere l’abitudine alla doccia fredda quotidiana? Pochini, probabilmente.
Nei ristoranti (lo so per esperienza diretta), nelle sale d’aspetto e negli uffici si sentono lamentele dei clienti nei confronti della temperatura, anche quando questa appare più che accettabile; e lo stesso vale per la mania deleteria di bere liquidi gelati ben oltre il necessario. I beveroni gassati che si acquistano nei fast food – l’abitudine è nata negli States, ma é ormai diffusa in tutto il pianeta – oltreché mostruosamente zuccherati sono anche riempiti fino all’inverosimile da cubi di ghiaccio. Eppure, di solito quando li ingurgitiamo non siamo nel centro geometrico del Sahara o sulla superficie di Venere…
Ci stiamo viziando. Anzi, siamo già bell’e viziati. Gli scienziati di ogni parrocchia possibile stanno scoprendo l’acqua calda e ci invitano quotidianamente a rivalutare i libri di carta a discapito di quelli elettronici (fanno diventare i bambini più intelligenti, raccontano: che l’avrebbe mai detto, eh?!?), a mangiare più vegetali che prodotti di origine animale; a coltivarci da noi i suddetti vegetali (chi lavora almeno due ore al giorno nel proprio orto campa più a lungo di chi si agita negli uffici delle cities caotiche e stressanti: altra bella scoperta); a guardare poca televisione e a staccarci per quanto possibile dalle diavolerie elettroniche, rivalutando invece i rapporti diretti tra persona e persona; a considerare come insostituibile il modello della famiglia patriarcale… Oh-la-la!, direbbero gli amici francesi.
Pur senza indicare soluzioni che appaiono serenamente utopiche e irrealizzabili, almeno a breve raggio, cerchiamo di muoverci mossi da quel buon senso che sembra essere caduto in disgrazia, accomunato in ciò alla sorte dei già citati fioretti.
Ogni grande marcia incomincia con un piccolo passo, dice il saggio.
Metterci nella condizione di indossare una maglia di più in inverno e una in meno d’estate potrebbe essere già un buon inizio.
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