Essere di fatto obbligati a nascondere la propria natura ha prodotto nel tempo effetti devastanti. La collega giornalista che ho precedentemente citato scrive tra l’altro, sull’amato Facebook: Non ti suicidi perché qualcuno non la pensa come te. Io infatti nonostante gli insulti (ricevuti sulle pagine dei Social da parte di quelli che non la pensano come lei, nda) sto benissimo, sono certa di quello che penso e mi fa piacere avere tantissimi amici che la pensano come me. Ma anche se non ci fossero lo penserei lo stesso… Ammirevole sicurezza? Non direi proprio.
Lo stigma sociale contro gli omosessuali è durato secoli, non si è trattato soltanto di uno sfogo occasionale scritto velocemente su qualche social media più o meno da strapazzo; si è trattato tutto al contrario di un fenomeno mostruoso, complesso, profondissimo, con radici principalmente religiose (a tal riguardo anche i fratelli protestanti non si sono fatti mancare nulla…) e con profonde ripercussioni persino sulla salute e sulla vita fisica degli interessati. Il terrore e il disprezzo hanno di fatto eretto muri invisibili, ma non per questo meno invalicabili.
A quanti amori mai detti abbiamo negato il diritto di esistenza? Non lo sapremo mai; forse è persino meglio così.
Dopo la laurea, ho lavorato come tirocinante per un certo periodo nello studio di un collega. Questo amico era lontano anni luce da una qualsiasi visione religiosa dell’esistenza, eppure una volta mi disse qualcosa che mi illuminò. Si presentarono nello studio due uomini, due vecchi clienti. La coppia era legata sentimentalmente, ma ognuno di loro, mi disse il collega, giocava separatamente con partner casuali. Tutto dichiarato, tutto alla luce del sole. Squallido, forse, ma perlomeno onesto. Quando si entra nella terra di nessuno – proseguì l’amico – ti collochi al di là della morale; a quel punto non esistono più regole. Sembrava una frase casuale o superficiale, ma stimolò in me una profonda riflessione.
La creazione di un ghetto invisibile, nel corso del tempo, ha prodotto un mondo parallelo quasi senza regole; questo ha permesso l’elaborazione di comportamenti sempre più disinvolti e disinibiti, fino a giungere agli estremi sessuali tipici delle grandi comunità gay americane ed europee, in particolare prima del terremoto provocato dall’Aids (che – guarda caso – venne definito giusta punizione divina dall’allora cardinal Siri).
Naturalmente non tutti i gay e tutte le lesbiche adottano questi comportamenti, anzi; resta il fatto che queste condotte hanno trovato terreno fertile soprattutto all’interno delle comunità omosessuali proprio perché collocate dalla condanna e dalla indifferenza secolari in quella terra di nessuno. Occorre interrogarsi con radicale onestà per scoprire che non stiamo parlando di una colpa, ma di una conseguenza: se davvero i credenti di tutte le religioni avessero amato, pur al di là delle divergenze, e non semplicemente censurato nel peggiore e più violento dei modi, i loro fratelli omosessuali, gran parte di questo disastro umano e sanitario si sarebbe evitato.
Un omosessuale anni fa si dette fuoco in piazza San Pietro (e, purtroppo per lui, riuscì a morire soltanto dopo parecchi giorni di agonia atroce): questo suo gesto disperato non fu la conseguenza soltanto dell’opinione arrogante di un giornalista più o meno bigotto, ma di un ostracismo feroce, ottuso e assolutistico durato secoli.
Che quelle stesse persone oggi parlino di dittature mondiali di ideologie fa quanto meno cadere le braccia.
La psiche dell’uomo è estremamente complessa. Siamo intelligenti e con la nostra intelligenza abbiamo cambiato (anche in peggio…) il mondo. Ma questa complessità e questa intelligenza portano con sé un prezzo da pagare. Etichettare come contro natura o come malattia comportamenti che si ritrovano addirittura tra gli animali più evoluti appare quanto meno semplicistico se non francamente sbagliato. Non voglio atteggiarmi a psicanalista della domenica (ho poche conoscenze in materia), ma è risaputo che nessuno di noi è completamente eterosessuale. E neanche completamente omosessuale. Non siamo o bianchi o neri, siamo invece un miscela più o meno scura di grigi. Dipende poi da molte cause – ne conosco qualcuna, come il mancato superamento del complesso di Edipo; ma penso che su questa faccenda siano in corso ancora molte discussioni, anche nei piani alti del sapere scientifico – la scelta di questo o quel comportamento. Il consenso culturale, economico, religioso e sociale ha sicuramente un peso enorme; ma d’altro canto parlare di omosessualità senza condannarla o rendere una lesbica protagonista di una fiction televisiva non obbliga nessuno, neanche se giovane, a intraprendere una strada diversa da quella che la natura lo invita a percorrere.
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